sabato 10 dicembre 2011

La Palodina: una piccola montagna

Quando si parla tra appassionati di montagna e di alpinismo si intrecciano imprese epiche, situazioni paradossali e spesso si cade nell’esageratamente alto o eccessivamente verticale. 
La tendenza a stupire il nostro ascoltatore ci accomuna ad altre categorie di uomini: provate ad assistere ad una conversazione di pescatori o cacciatori e vi renderete conto che la sfida a dirla più grossa è senza confine. 

Panorama dal Monte Palodina
Il Monte Palodina, pur essendo inserito nella catena delle Alpi Apuane con i suoi 1171 metri di altezza non entra mai in queste conversazioni, non ci sono pareti verticali da arrampicare e la sua modesta quota non permette nemmeno camminate su coltri ghiacciate, al massimo poche decine di centimetri di neve per una bella ciaspolata oppure, per i più attrezzati, interessanti strade sterrate che si possono trasformare in discrete piste per uno sci di fondo “esplorativo”. 
Durante la primavera e l’estate diventa un paradiso di faggi e castagni, interrotti da pascoli erbosi dove è facile osservare il volo delle poiane, incontrare cinghiali spensierati che scavano radici con il muso, raramente daini e caprioli che pascolano diffidenti e sempre attenti a fiutare l’aria per anticipare le situazioni di pericolo e solo intuire la presenza della volpe che si muove felpata solo al tramonto e si spinge fino ai paesi, ma durante le ore del giorno se ne sta nel profondo del bosco, immobile a scrutare i nostri inconsapevoli passi lungo il sentiero. 
Sentiero che risale lungo il fianco della montagna con pendenze discrete ma pur sempre affrontabili per una passeggiata nel verde. La mancanza di pendenze eccessive rende le poche carrozzabili sterrate particolarmente adatte a lunghe escursioni in mountain bike con partenza da Gallicano, la salita fino a Trassilico e, per i più temerari, la discesa verso il paesino di San Luigi per giungere fino a Fabbriche di Vallico e rientrare a Gallicano sulla via di Fondovalle. 
La situazione si ribalta se parli della Palodina ai Gallicanesi: essendo accessibile da parecchi facili sentieri quasi tutti ci sono stati, vuoi per una semplice passeggiata vuoi per campeggiare nei prati di Pian di Lago, dove non c’è nessun lago ma una distesa erbosa ideale per il pascolo delle mucche e l’esperienza del primo campeggio senza i genitori.

Pian di Lago - foto di D. Saisi del 1982

Per chi ha vissuto la guerra e l’immediato dopoguerra a Gallicano queste zone assumono un significato diverso: raggiungere certe zone a piedi e rientrare in paese carichi di legna o castagne era una consuetudine per i ragazzi di allora, alcuni dei quali si sono fatti le ossa (e i muscoli) salendo e scendendo tutti i giorni per pochi spiccioli o, ancora peggio, per un pugno di castagne con le quali sfamare i fratelli più piccoli. 
Quando incontro queste persone che mi raccontano le loro esperienze e il loro rapporto con la montagna provo ammirazione per le fatiche e i sacrifici che hanno dovuto affrontare per superare una situazione di estrema miseria e spesso mi fermo a riflettere, percorrendo certi sentieri, sul significato del mio affrontare le fatiche per passione e l’amore per i nostri monti. 
Nonostante tutto nessuno maledice la montagna anzi, i ricordi si intrecciano tra nostalgie e amori nati lungo quei sentieri in un tempo così remoto da sembrare appartenere al mondo delle fiabe dove prendono posto anche le leggende sul Buffardello dispettoso o la vecchietta maligna e demoniaca, che al calare della notte faceva sparire tutti quelli che erano in ritardo nel rientro in paese con il loro carico di legna. 
Quando posso salgo volentieri sulla Palodina perchè nello stesso momento percorro due sentieri, il primo reale fatto di erba e sassi mentre il secondo, quello che preferisco, fatto di storie e ricordi, leggende e emozioni trasmesse da generazioni di uomini e donne che da sempre hanno amato e rispettato questa piccola montagna. 
Per fare una passeggiata sulla Palodina potete arrivare in auto fino a San Luigi e da lì risalire il sentiero CAI per raggiungere la vetta in circa un'ora, oppure da Trassilico seguendo i sentieri CAI n° 135 e successivamente il n° 136 che traversa lungo la ex carrozzabile del Faeto e, al termine di questa risalire verso la vetta (oltre 3 ore da Trassilico). 
Da Gallicano è possibile salire lungo un percorso ripristinato di recente da alcuni volontari che risale lungo i boschi per un dislivello di 900 metri fino alla vetta con un tempo di percorrenza che va oltre le 5/6 ore.

Fonte: Pietro Taddei e Giacomo Giannerini - Il Giornale di Castelnuovo

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