Articolo uscito su "Il Tirreno" sabato 10 luglio e scritto da Claudia Ponziani.
Una volta c’erano “Le terme”. Oggi ci sono erbacce, rifiuti e decadenza.
È lo spettacolo che da anni si offre nel capoluogo. Oltrepassato lo storico arco di Francesco V vicino al Castello, sulla sinistra (verso Vergemoli) si raggiunge un piccolo parcheggio. Giunti in questa area di sosta, un ponte di sasso consente di oltrepassare la Turrite.
Sull’altra sponda del torrente, ci sono “Le terme”. Né stabilimenti per le cure termali, né vecchio centro benessere in disuso. “Le terme” comprendono una struttura che ricorda un tempietto neoclassico e i ruderi in pietra di un vecchio edificio. Documentazioni scritte sulla storia delle acque termominerali di Gallicano ne sono rimaste ben poche, ma rimangono testimonianze di un passato in cui il tempietto era utilizzato per riempire bottiglie ed eseguire assaggi. Le acque della “sorgente Beatrice” agli inizi del ’900 vennero imbottigliate (di etichette della “Cova di Gallicano” rimangono ancora alcuni esemplari) ma diversi fattori intervennero ad ostacolarne la vendita. L’acqua, una “salsa” ricca di sali unica nel suo genere in Toscana, veniva usata sia per scopi curativi che come acqua da tavola.
Anni fa l’amministrazione comunale investì in questa località, per renderla se non meta turistica privilegiata quantomeno una gradevole area di ristoro. Furono spesi 171 milioni di vecchie lire di contributi regionali dopo l’alluvione del 1996 per realizzare una nuova passerella pedonale (la vecchia distrutta dall’esondazione della Turrite), sistemare l’area verde e quella sulla sponda opposta del torrente rispetto alle “terme”. E ancora prima dell’alluvione un intervento dell’amministrazione consentì il recupero della zona termale con il ripristino della fontana interna al tempietto e la ripulitura da piante infestanti. L’intervento rientrava in un progetto più ampio di manutenzione del sentiero che costeggia la Turrite; furono create alcunee aree pic-nic. Oggi la zona è abbandonata e, a quanto pare, tempo, lavoro e denaro sono stati male investiti. Il sentiero che dal ponticello conduce alle vecchie strutture è invaso dalle ortiche. E non migliora lo spettacolo per il visitatore che si avventura tra l’erba alta: le pareti del tempietto sono imbrattate da scritte e vilipendi, rifiuti sporcano il pavimento e le bocche da cui sgorgava l’acqua sono asciutte. La “sorgente Beatrice” (24-25º misurabili in superficie) è situata poco più in là, all’interno di un edificio privato: da qui le acque venivano convogliate verso il tempietto con una condotta in mattoni sotterranea.
«Non ci sono progetti specifici in vista - fa sapere il vicesindaco Egidio Nardini -. Il Comune non ha grosse possibilità di spesa e per il momento la priorità è data ad altre iniziative, come realizzare il parcheggio dietro la farmacia. Ma sarebbe bella un’azione di recupero dell’acqua calda, che, fatte le dovute verifiche, potrebbe essere sfruttata come risorsa energetica».