martedì 28 febbraio 2017

lunedì 27 febbraio 2017

Itinerari MTB Garfagnana: la prima parte della Garfagnana EPIC 2017

Un bel giro di 34 Km e 1475 metri di dislivello che sa tanto di Garfagnana EPIC 2017.

 


Da Gallicano raggiungiamo l'Eremo di Calomini passando dal percorso fluviale e dalla Polla Gangheri. Nei pressi del ristorante  "L'Antica Trattoria dell'Eremo" svoltiamo a sinistra e per strada sterrata raggiungiamo, in circa due chilometri di dura salita con pendenze superiori anche del 20%, Calomini.





Proseguiamo per strada asfaltata fino a Brucciano, svoltiamo a sinistra e saliamo una durissima scalinata con rampa che ci porta alla "Croce di Sotto". 


Seguiamo l'evidente sentiero fino ad intercettare la strada asfaltata del Piglionico e continuiamo a salire per circa 1,2 chilometri.







All'altezza del bivio del Forcone sulla destra troviamo un grande spazio dove inizia una divertente discesa che ci porta a Eglio.



Proseguiamo per Sassi, percorriamo un pezzo del Biathlon del "Gatto Nero" e scendiamo prima alla Madonna della Neve e poi a Torrite percorrendo i sentieri del Garfagnana Trekking.








Seguendo il Sentiero Ariosto saliamo alla Fortezza di Monte Alfonso. 







Abbiamo percorso praticamente il primo terzo del primo giorno della Garfagnana EPIC 2017: 22 chilometri per 1000 metri di dislivello. 

Dopo una breve sosta scendiamo a Castelnuovo sempre percorrendo il Sentiero Ariosto.


Rientriamo a Gallicano passando da Monteperpoli, Campo, Olmo, Querceto e La Barca.


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sabato 25 febbraio 2017

Anteprima Garfagnana EPIC 2017 – Il video

Un’anteprima dei primi 30 chilometri della Garfagnana EPIC 2017 nel video realizzato da Alessandro Santi.

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giovedì 23 febbraio 2017

Febo Donini - Il ricordo di un maestro dal cuore in musica

Dire Maestro Donini significa principalmente musica, cori e sentire sicuramente canticchiare note di canzoni da lui composte: canzoni appassionate o allegramente ritmate, canzoni canticchiate da chi l’ha conosciuto e ne ha conservato il ricordo da scolaro, da amico o da corista.
Dal ricordo musicale a quello della sua immagine: un uomo alto, asciutto, un po’ curvo che dietro a spesse lenti, segue i suoi ragazzi, o meglio le loro voci, con il braccio destro teso, accompagnato da un lungo e ben deciso indice che indica l’inizio o il termine di un brano musicale.
Era esigente? Sì. E rigoroso. Rimproverava errori di distrazione, di stonatura e di ortografia. Ma tutto finiva bene: si concludeva lì, a scuola, sempre con un sorriso o con una battuta e spesso con simpatici sermoni di correzione. Così era il Febo, così lo ricordano i suoi allievi e chi l’ha conosciuto e avvicinato. Non è difficile, in circostanze di raduni e feste paesane sentire rievocare il Maestro Donini e ricordarlo cantando l’amore che aveva insegnato per la nostra terra, per i nostri monti, per la sua bellezza e anche per quella delle sue donne, come espresso nelle sue note.

…… La valle smeraldina,
un sogno par, un sogno par,
la valle tace, ascolta, ricorda
un’altra volta, la tua canzon,
la tua canzon…

Un maestro di scuola e un maestro di musica, come attestano i meriti che è doveroso ricordare: Corso residenziale per dirigenti Centri di lettura, istituito dal Ministero della Pubblica Istruzione; Corso residenziale di aggiornamento per l’insegnamento della musica e del canto (Roma)… e come non ricordare la vittoria del “ Microfono d’argento assegnato al M° Febo dalla R.A.I ?

Così lo ricordano due colleghe: Alma e Duse

Fonte: L'Aringo - Il giornale di Gallicano n. 7 settembre 2016

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lunedì 20 febbraio 2017

Il Palio di Cardoso

La passione per la competizione, con sfottò e politiche annesse, è da sempre un elemento caratteristico degli abitanti di Gallicano, tanto da portare, in epoche ben note, alla nascita del Palio di San Jacopo. Mentre in via Cavour si vedevano le prime sfilate dei carri, questo sentimento si insinuava anche negli animi degli abitanti delle frazioni vicine.
Cardoso, ad esempio, seppur costituito da un abitato apparentemente uniforme, è da sempre diviso in zone ben distinte: Colle, sul versante che si affaccia sulla Valle di Turritecava; Borgo, la via con la chiesina di San Rocco; Grabbia, la piazza di arrivo dalla strada comunale; Sperone, dall’omonima via; Figarello, la parte alta al centro del paese; Foce, ai piedi dell’aringo.
Già negli anni ‘70 i paesani facevano a gara per abbellire il proprio rione con fiori e piante, dando vita nel tempo ad una vera e propria competizione: i Rioni Fioriti, che vedevano come trofeo una targa da affiggere lungo la via centrale del vincitore. La gara è poi stata riproposta a fine anni ‘90 per l’ apertura di una manifestazione più articolata: il Palio di Cardoso, organizzato dal comitato paesano, vedeva ogni rione schierare i propri abitanti per difendere i propri colori in diverse prove.
Ai rioni del paese si era aggiunta la Campagna, comprendente tutto il territorio della parrocchia esterno al paese, ed in particolare gli abitati di Busdagno, Turritecava, Colle Acinaia e Campi.
Le gare si aprivano a luglio e si concludevano ad agosto con la Gara delle Torte, a chiusura della Festa del Villeggiante, una cena in onore dei numerosi emigrati cardosini che trascorrevano l’estate al paese natio.
Il Palio si componeva di alcune prove fisse, come il Burraco under 21, il tiro alla fune, la gara di pesca, il Tappin Tour, dove si doveva far fare il giro del paese ad un tappo di bottiglia a suon di “biscotti”, e l’attesissimo torneo di calcetto, oltre a prove inserite o cancellate nel corso degli anni, come il torneo di freccette e la caccia al tesoro.
Tutti i partecipanti dovevano abitare nel rione per cui gareggiavano, oppure avere qui parenti stretti o fidanzati, ma erano ammessi anche i “villeggianti” e, per il solo calcetto, pochi “stranieri”.
Col tempo, però, l’entusiasmo dell’organizzazione si è spento, e del Palio rimane solo il cencio, che fa il giro del paese in occasione della Triennale. E rimane qualche amore, nato per finta con lo scopo di far partecipare il fidanzato al calcetto ed arrivato, per davvero, fino all’altare.
Mirko Monti
Fonte: L'Aringo - Il giornale di Gallicano n. 6 - giugno 2016

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venerdì 17 febbraio 2017

Speleogita "Tana che Urla"

Un viaggio al centro della terra per tutti 
Domenica 26 febbraio escursione in Tana che Urla a Fornovolasco


perché, accostando l’orecchio alla bocca della medesima, s’ode sempre un certo oscuro strepito, o lontano rimbombo, a guisa d’uomo, che colà gridi, ed urli” è così che Antonio Vallisneri, padre della speleologia, battezza una delle grotte da sempre più visitate della Garfagnana per il rombo dell’acqua che sgorga e fluisce in cascate al suo interno, e alimenta poi il torrente Turrite.
 
 
Domenica 26 febbraio tutti potranno partecipare a un'affascinante "viaggio al centro della terra", nel cuore delle Apuane, alla scoperta degli ambienti sotterranei più suggestivi accompagnati dagli speleologi dello Speleoclub Garfagnana.
Tana che Urla è una cavità carsica che si apre ai piedi del Monte Forato a 615 m s.l.m. poco sopra l’abitato di Fornovolasco. Il costante ed incessante lavoro dell’acqua ha disciolto il grezzone (dolomia) creando una galleria freatica pressoché orizzontale di 400 m di lunghezza, con un dislivello di 48 metri.
La disponibilità degli speleologi che vi accompagneranno vi permetterà di provare l'esperienza di un’escursione in una grotta non attrezzata turisticamente con percorsi facilitati, ma in un ambiente naturale con il solo utilizzo di casco, lampada frontale, imbraco e corde.
L'escursione è aperta a tutti e NON E' RICHIESTA ALCUNA ESPERIENZA: è sufficiente la volontà di mettersi alla prova ed essere in buona forma fisica.
Dopo un breve avvicinamento, entreremo in grotta da un piccolo ingresso per vedere una prima sala, percorsa dal torrente e dalla cascata il cui rumore dà il nome all’antro.
La grotta è ricca di concrezioni calcaree cristalline, con colorazioni che vanno da trasparenti a scure. Proseguendo troveremo una diramazione che conduce alla sala del silenzio, ricca di concrezioni fango e detriti depositati dalle piene del torrente.
Risalendo invece il torrente si arriva al termine del nostro percorso: un lago dov’è possibile vedere la sagola che guida gli speleosub nel sifone. Il programma della giornata è il seguente: ritrovo alle ore 9.00 in P.za della Posta a Gallicano.
Parcheggiate le auto, ci vestiremo degli attrezzi speleo e imboccheremo il sentiero che in breve ci porterà all’ingresso. Pranzo al sacco. Rientro in serata.
Occorre equipaggiarsi con vestiario comodo, caldo (ad es. pile o lana, assolutamente da evitare indumenti di cotone - in grotta c'è umido e circa 10°C) e di poco conto; chi ce l’ha, può indossare una tuta da meccanico sopra ai vestiti; ai piedi calzettoni caldi e scarpe antiscivolo (scarpe da trekking o stivali in gomma con suola scolpita), alle mani guanti a perdere (es. per lavare i piatti o da lavoro).
È sempre necessario lasciare in auto un ricambio completo di scarpe e mutande.
L’escursione a Tana che Urla è aperta a tutti. La quota di partecipazione per i Soci CAI è di 10 €, per i non soci di 15 €. La quota comprende il noleggio dell’attrezzatura speleologica e la copertura assicurativa giornaliera per i non soci.
Per partecipare alla speleogita è obbligatorio prenotarsi contattando gli organizzatori entro Mercoledì 22 febbraio comunicando nome, cognome, data di nascita e CF al fine di attivare l’assicurazione.
Per altre informazioni sull’abbigliamento, sul programma, dubbi e curiosità contattateci. Informazioni e prenotazioni: speleo.garfagnana@alice.it – Giulio 349/0535414 - Stefano 328/9636222 – Sezione CAI Castelnuovo di Garfagnana.
Questa grotta, facile da visitare, rappresenta un ottimo inizio per coloro che vogliono avvicinarsi al mondo della speleologia.
Con l’augurio che questa Tana, in cui il Vallisneri fece le osservazioni scientifiche che lo portarono per primo a modellizzare il ciclo perenne delle acque e lo Spallanzani condusse i primi studi di idrogeologia, veda anche i primi passi della vostra carriera di speleologi.

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giovedì 16 febbraio 2017

mercoledì 15 febbraio 2017

Alpi Apuane con il drone


Il Parco Regionale delle Api Apuane è situato nella parte nord della Toscana.
Conosciuto in tutto mondo per il marmo,dal quale Michelangelo realizzo le sue opere più belle il "David e La Pietà".  Il termine "alpi", è un appellativo datogli per descrivere ogni montagna spigolosa e impervia, difficile da scalare. Nonostante la loro altezza non raggiunga i 2000 m, queste montagne non vanno sottovalutate, ma sempre prese con un occhio di rigurado!
Rispetto alle sorelle maggiori "alpi e dolomiti " hanno una roccia che non è affidabile in alcuni punti, bisogna valutare sempre bene dove mettere le mani, ma appena raggiungi la vetta ogni fatica è ripagata dallo splendore che ti si presenta davanti. 
Emozioni uniche sono assicurate agli esploratori che si incamminano su queste vette!

Video di Francesco Buggea

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martedì 14 febbraio 2017

Il fagiolo fico di Gallicano

 
Un giorno di maggio del 2002 trovandomi presso la sede della Misericordia di Gallicano, sentii alcuni volontari di turno che parlavano di seminare fagioli, tra questi il signor Giuliano Bertolotti di Gallicano discuteva sulla semina del fagiolo fico.
Incuriosito domandai che varietà di fagiolo fosse. Mi spiegò che era un fagiolo storico di Gallicano, conosciuto solo nel paese e allora gli chiesi se poteva darmi un poco di fagioli per seminare presso il centro “La Piana” di Camporgiano, dove era in atto la nascita del centro di recupero del germoplasma frutticolo e orticolo della Regione Toscana, gestito allora dalla Comunità Montana della Garfagnana.
Gentilmente mi fu data una manciata di questi fagioli che furono seminati subito, con grande interesse, presso il centro. I fagioli raccolti a fine stagione, furono mantenuti per la semina del 2003.
Ma l’anno 2003 fu un anno storico di grande siccità e questo fagiolo rischiò la scomparsa, infatti ne furono raccolti pochi semi sia nel vivaio La Piana che nei pochi orti di Gallicano.
Cominciai a chiedere ad alcuni anziani contadini del paese se lo coltivavano e con grande stupore scoprii, oltre le sue grandi qualità organolettiche, il suo utilizzo e soprattutto le sue origini.
Il signor Enrico Puppa mi raccontò che questo fagiolo era arrivato dall’America portato da Micheli Vincenzo al suo rientro in Italia, nascondendo cinque di questi fagioli all’interno del nastro del suo cappello. Successivamente ci fu la conferma dalla signora Claudia Da Prato che mi raccontò la stessa storia, essendo il sopracitato suo parente di famiglia.
 
Nella sua descrizione dice: “Micheli Vincenzo, nato a Gallicano nel 1863, ancora giovane parte per l’America per far fortuna e va in California a lavorare. Quando torna in Italia dagli Stati Uniti nel 1889 decide di portare dei semi a casa, ma non essendo permesso, nasconde una manciata di fagioli cuciti nel nastro di raso del suo cappello.
Il fagiolo fico, proprio per la sua unicità, non essendo presente in nessuna altra parte d’Italia, verso la fine degli anni 2000, fu iscritto nell’albo regionale sulla tutela e conservazione delle varietà locali (L.R. Toscana n° 64 del 16/114/2004), con la denominazione di “Fagiolo fico di Gallicano” e conservato, grazie ai coltivatori custodi, nella Banca regionale del Germoplasma di Camporgiano in gestione oggi all’Unione Comuni Garfagnana.
Pianta rampicante molto vigorosa, a fioritura tardiva e maturazione scalare da luglio fino a settembre, il fagiolo fico ha caratteristiche organolettiche veramente eccellenti: presenta una buccia molto delicata, una pasta morbida ma consistente, un sapore molto caratterizzato.
Come fagiolo in erba è ottimo in umido, oppure semplicemente lessato e condito; come fagiolo secco può essere usato nei passati così come lessato e condito.
Una particolarità di questo fagiolo è che quando viene lessato fresco emana nell’aria un profumo di fichi da cui deriva il nome assegnatogli. Coltivato in pochissimi orti familiari nel Comune di Gallicano in Garfagnana, è a rischio di erosione.
Fagiolo conosciuto da tutti i gallicanesi, si mangia, lessato in erba, con le nostre mitiche focacce leve.
 
Ivo Poli
 
Fonte: L'Aringo - Il giornale di Gallicano n. 5 marzo 2016

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venerdì 10 febbraio 2017

Dopo oltre 3 anni è stato ripristinato "lo Stendino"

Sono contento di comunicare a tutti i bikers che "lo stendino", dopo l'alluvione dell'ottobre del 2013, è stato ripristinato grazie al duro lavoro dei ragazzi del "Trassilico Bike Park".


Un giro corto ma molto impegnativo, sia in salita che in discesa, di 12,5 chilometri e 470 metri di dislivello positivo. 

Partiamo da Gallicano e seguendo il fluviale "Alessandro Valentini" raggiungiamo Le Crocette.
Proseguiamo per 100 metri direzione Trassilico per poi svoltare a destra per l'allevamento di trote "la Yara". Dopo aver passato l’abitato di Panicaglia (versante Gallicano) svoltiamo a destra, superiamo un canale e dopo poco arriviamo ad un bel ponte medievale che attraversiamo. 
Proseguiamo la salita fino ad intercettare la SP 59, svoltiamo a destra e dopo circa 1 chilometro a sinistra. Qui inizia una dura salita (asfaltata) con una pendenza media del 14% che ci porta in poco più di 1 chilometro all'Eremo di Calomini. 


Al parcheggio dell'Eremo imbocchiamo la sterrata che troviamo sulla destra e dopo circa 200 metri svoltiamo a sinistra: 2 chilometri di dura salita con pendenze superiori anche del 20% ci portano a Calomini. 






A Calomini imbocchiamo lo "stendino", sentiero inagibile dall'ottobre del 2013 e ripristinato in queste ultime settimane dai ragazzi del "Trassilico Bike Park".
Il "nuovo" stendino, 1800 metri di discesa adatta soprattutto ai bikers enduristi più esperti, è molto più difficile rispetto all'originario perchè per aggirare alcune frane è stato necessario individuare nuovi tracciati. 






Alla fine della discesa, in località Rio Folle, svoltiamo a sinistra e rientriamo a Gallicano.

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