domenica 24 aprile 2022

lunedì 11 aprile 2022

Speleogita alla Tana che Urla


Tana che Urla (grotta del Vallisneri) - Geosito del Parco delle Alpi Apuane

Descrizione geologica, naturalistica e paesaggistica 

La Tana che Urla è una cavità carsica di 400 m di sviluppo spaziale e di 48 m di dislivello positivo, che si apre nel versante orientale del tratto compreso tra la Pania della Croce (1858 m) e il Monte Forato (1230 m), sulla sinistra idrografica della Tùrrite di Gallicano a 615 m d’altitudine. La grotta si presenta come un’unica galleria ad andamento pressoché orizzontale, scavata entro la Dolomia “Grezzone”, quasi al contatto con le Filladi inferiori, impermeabili. La sua morfologia è tipicamente freatica e si distingue per un ampio ingresso, da cui scaturisce un ruscello (portata media 30 l/s). Va ricordato che il tratto più interno della galleria presenta un lungo sifone attivo (220 m). Negli eventi di piena, l’acqua fuoriesce in modo violento dall’ingresso della grotta e si riversa nel sottostante torrente con un’impressionante cascata, che può raggiungere valori massimi di 3 m3 /s. La Tana che Urla è tra le più note e frequentate cavità delle Alpi Apuane, per la facilità di accesso e di percorrenza interna, senza bisogno di attrezzature fisse lungo il percorso. In effetti, sono frequenti le speleogite o i corsi di speleologia che la utilizzano come escursione didattica. 

Descrizione del grado di interesse 

L’interesse scientifico prevalente – a parte quello legato al carsismo ipogeo – è soprattutto geostorico, poiché la grotta è stato il luogo eminente che suggerì ad Antonio Vallisneri senior (1661-1730) il ciclo perenne delle acque. Le osservazioni fatte qui nel 1704 dettero spunto per la celebre Lezione accademica intorno all’origine delle fontane (1715), in cui lo scienziato italiano confutò la cosiddetta “teoria marina”, già sostenuta anche da René Descartes (1596-1650). In particolare, la scienza ufficiale del tempo riteneva che l’acqua scaturita dalle sorgenti, fosse generata da quella marina penetrata in profondità, fatta evaporare dal calore interno terrestre entro le rocce e condensata nelle grotte sotterranee, secondo il principio dell’alambicco, per distillazione. L’esperienza nella Tana che Urla – con l’osservazione diretta dei fenomeni e lo studio della morfologia e litologia delle montagne apuane – consentì a Vallisneri senior di dimostrare l’origine meteorica delle sorgenti, con le acque penetrate attraverso rocce permeabili fino ad uno strato geologico impermeabile, al contatto del quale possono sgorgare all’esterno. Vallisneri ha fornito anche la spiegazione del nome così curioso di questo geosito: “perché, accostando l’orecchio alla bocca della medesima, s’ode sempre un certo oscuro strepito, o lontano rimbombo, a guisa d’uomo, che colà gridi, ed urli”. La fama di questa grotta condusse qui, nel 1783, anche il celebre naturalista Lazzaro Spallanzani (1729- 1799), con lo scopo di approfondire ulteriori argomenti di idrogeologia.

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