mercoledì 17 luglio 2013

Palio di San Jacopo: gallicanesità al 100 per cento

Oggi, su "La Gazzetta del Serchio",  è uscito questo bell'articolo a firma di Simone Alessandro Sartini sul Palio di San Jacopo. 


Partiamo da un punto fondamentale: il Palio di S. Jacopo è Gallicano e Gallicano è il Palio di S. Jacopo, senza Palio Gallicano non esiste, o per meglio dire non esiste la gallicanesità del paese. 

Più di mille persone impegnate nella sfilata, un intero paese che per mesi lavora, cuce, incolla, prova, canta e balla. Il palio di San Jacopo a Gallicano è un evento unico nella valle del Serchio, ma senza smentite possiamo affermare che la sua unicità si estende a tutta la penisola. 

Nato negli anni 70 come una colorata sfida/satira rionale, il Palio è diventato nel tempo parte integrante della società gallicanese: impossibile, impensabile parlare dei gallicanesi senza rapportarsi con il loro Palio. Nessuna origine nobile, medievale o chissà cosa, il Palio è nato per caso, da una idea della Pro Loco nel 1971. 
Dagli anni 50, i rioni di Gallicano si sfidavano in una gara sportiva, precisamente la staffetta. La Pro Loco chiese ai rioni di vivacizzare l’attesa della staffetta con delle manifestazioni rionali per le strade del paese. Il rione della Strettoia si presentò con 5 ragazze vestite di rosso, in modo succinto, mentre gli atleti dei Bufali arrivarono sopra un carretto pieno di cartelli. Forse, da questo evento, venne l’idea: la voglia di competizione, di sfottersi, di prendersi in giro tutto l’anno, trovò l’apoteosi nel Palio di San Jacopo. 
All’epoca i rioni erano quattro: Roccaforte, Bufali, Dinamite e Strettoia. Il rione Dinamite, nel 1972, cambiò nome nell’attuale Monticello, mentre nel 1978 la Strettoia e la Roccaforte si unirono in un solo rione chiamato Borgo Antico. 
Negli anni 70 i carri dei rioni miravano a colpire gli avversari con l’ironia, con il famoso “sfottò”, e i dominatori erano i Bufali con il gran capo Donato. Grazie alla tripletta 73/74/75 riuscirono a prendere il famoso Cencio, una specie di medagliere che rimaneva al rione vincente per tre anni di fila. 
Le polemiche, la stanchezza di fondo, l’impegno enorme che richiedeva la manifestazione, portarono il Palio ad un punto morto: fu interrotto dal 1982 al 1986. La mancanza cronica di fondi, l’impegno immenso che coinvolgeva tutto il paese, aveva minato le fondamenta del Palio. 
Ma come tutte le tradizioni che affondano saldamente le radici nella cultura di un paese, il Palio risorse nel 1987, riuscendo tra mille peripezie ad arrivare al 1999. Per tre anni il Palio si fermò di nuovo, sembrava tutto finito, ed invece ancora una volta si aprì la fase più longeva della manifestazione, arrivando ininterrottamente al 2010 grazie all’impegno ed all’orgoglio dei gallicanesi. 

Il Palio non ha mai avuto regolamenti ferrei e molti sono stati cambiati nel corso degli anni: l’esempio più emblematico è stato nel 1993 quando la satira rionale libera ha lasciato spazio ad un tema comune più impegnato, permettendo una maggiore spettacolarizzazione dell’evento. 

Gli artisti del Palio di San Jacopo 2013 si esibiranno nelle tre piazze principali: piazza Vittorio Emanuele, piazza del Popolo e piazza Caponnetto. I carri non saranno provvisti di impianto stereo autonomo, scelta che permette un grande risparmio economico, ma che toglie fascino all’esibizione dei rioni perché lo spettacolo coreografico si svolgerà solamente nelle piazze. 

L’esibizione dei rioni è sempre preceduta dalle Portabandiera, vere icone del Palio e dimostrazione oggettiva delle bellezze locali: essere portabandiera è un vanto e una volta diventate tali esiste una sorta di rinnovo automatico, solamente la disdetta comunicata al rione può revocare l’incarico di Portabandiera. Belle, sorridenti, non esiste nessun concorso di bellezza nella valle del Serchio che possa competere con le loro esibizioni. Storicamente i Bufali vantano le portabandiera più belle, seguite a ruota dal Borgo Antico. Non pensate però che il Monticello sia da meno, in fondo si tratta sempre di una questione soggettiva, come del resto tutta l’intera sfilata offre bellezze da applauso. 

La leggenda vuole che Gallicano vanti le ragazze più belle della valle del Serchio, e come sappiamo bene ogni leggenda ha un fondo di verità. Gallicano è il Palio, e il Palio è Gallicano: 

il gallicanese vero è quello che si rispecchia nel paese quando c’è il Palio, è quello che si mette al servizio del proprio paese. Il gallicanese vero, anche quando non ha la possibilità di aiutare attivamente il rione, visita le sartorie e i capannoni, guarda le prove, in ogni modo partecipa all’evento. 

Le sartorie sono state sempre un punto fondamentale per il Palio, tutti gli splendidi costumi nascono dalle mani sapienti ed esperte delle sarte gallicanesi: una su tutte la nonna del Dino, “Il Ponziani”, che fino a 90 anni ha cucito i vestiti per la sfilata. Le sarte rionali sono essenziali per il Palio, vere icone che regalano con le loro sapienti mani i costumi per la manifestazione. 

Dopo anni di capannoni improvvisati, nel 2003 è stata costruita la Casa dei Carri, un capannone moderno dove i tre rioni possono costruire i carri allegorici e lavorare la carta pesta. Fare il paragone con i maestri di Viareggio sarebbe ingiusto e fuori luogo, ma sicuramente anche Gallicano, nel suo piccolo, crea dei capolavori. 

Ci sono persone legate al Palio indissolubilmente, nomi che sono riconosciuti ad honorem come parte integrante della sua storia: il Greco, il Brogi, il Donato, il Saisi, nomi che rimarranno scolpiti nella memoria dei gallicanesi. 

Per capire lo spirito del Palio, e soprattutto la gallicanesità della manifestazione, basta osservare la pelle d’oca del “Ponziani” quando parla dei ricordi della staffetta anni 70, basta guardare gli occhi di Antonella che dice “Senza Palio Gallicano non esiste”, basta sentire Daniele parlare del nome dei suoi due gioielli di famiglia…Vittoria e Costanza...chiamate così in onore del rione Monticello. 

Il Palio di Gallicano è anche un veicolo di socializzazione, soprattutto per i più giovani: aiutare a fare i carri, visitare le sartorie, ritrovarsi la notte a mangiare la focaccia al forno, discuterne nei bar, negli anni di stop del Palio il paese si ferma. 
Non esiste Palio di San Jacopo che non sia accompagnato da leggende e polemiche, sarà il tradizionale spirito di competizione, sarà il pensiero di sfottersi tutto l’anno, ma le polemiche sono una costante. Mentre le polemiche restano nei rispettivi rioni, le leggende a volte oltrepassano i confini del paese: come non ricordarsi la storia del Palio vinto da un rione grazie alle perfette forme di una gentil donzella che, per un errore di ballo, rimase come natura crea in mezzo alla piazza? Impossibile anche dimenticarsi le leggende legate ad alcune ragazze sui carri che furono fatte scendere dopo un giro…visto che si erano scordate di indossare la biancheria intima…verità? Leggenda? Anche questo è il Palio, come il sasso vinto dal Monticello quale premio di consolazione, che una ulteriore leggenda vuole in fondo al Serchio. Impossibile non ricordare i festeggiamenti del rione vincitore che si protraggono per tutta la notte ininterrottamente con balli, bevute colossali, canti e cori continui. 

Poteva il Palio esimersi dal polemizzare contro la politica locale? Certo che no, infatti i rioni sono uniti nel dire che nessuna amministrazione comunale ha mai amato veramente il Palio, nessuna. Pubblicità insufficiente, sponsorizzazione inadeguata, supporto limitato, sembra che le istituzioni di Gallicano non abbiano mai capito a fondo l’amore dei gallicanesi verso la manifestazione. Nessuno..o quasi..perchè un nome viene salvato, l’unico politico che ha sempre amato, supportato e si è sacrificato per il Palio: il Barbi. Tutti uniti nel dire che in comune manca veramente un Barbi che porti la voce dei rioni. 

Il vero gallicanese è quello che a lavoro non guarda quando cade il 15 agosto, ma il 25 luglio, un amore viscerale verso il Palio che non tiene nemmeno conto del riscontro esterno al paese: i gallicanesi organizzano il Palio per loro stessi, per potersi sfottere un anno intero, per sfidarsi a colpi di costumi, canti, balli, carri e gare sportive. 1000 persone impegnate nella manifestazione, un numero immenso, eppure solo 4 o 5 persone per rione “tirano le fila”, riescono ad organizzare il tutto, senza di loro il Palio si fermerebbe. Forse un limite, forse no, comunque i gallicanesi chiedono solamente di poter organizzare il loro Palio ogni anno: una manifestazione che richiede più passione che soldi, anche se questi ultimi mancano sempre. 

Il Palio di San Jacopo avrebbe le carte in regola per sfondare, diventare famoso ed attirare visitatori da tutta Italia, ma forse è giusto che rimanga come oggi, una meravigliosa festa di paese dove solo il partecipare è un vanto. 

Se questo articolo vi ha incuriosito non vi resta che andare a vedere il Palio di Gallicano il 20 e il 25 luglio, e se riuscirete ad andare oltre le belle donne, i costumi colorati, i carri allegorici, le sfilate e i balli, forse riuscirete a capire una parte di quel sentimento che viene definito gallicanesità. 

Si ringraziano per la consulenza Antonella Cassettari (Bufali), Dino Ponziani (Borgo Antico) e Daniele Saisi (Monticello). 

Maggiori informazioni sul Palio di San Jacopo:
Link utili:

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