lunedì 21 marzo 2011

Conciliazione obbligatoria dal 20 marzo

L'obiettivo è quello di alleggerire l’attività dei tribunali, attualmen­te oberati di lavoro, cercando di risolvere velocemente alcune liti prima di arrivare davanti al giu­dice: cioè, come si dice in gergo tecnico, in modo extragiudiziale.
Dal 20 marzo scatta l’obbligo di conciliazio­ne per una serie di materie. Detto in parole povere: se la controversia riguarda alcuni ar­gomenti, diventa obbligatorio effettuare un tentativo di conciliazione tra le parti in lite prima di rivolgersi al tribunale ordinario.
Un tipo di procedura del genere finora era già prevista, ma soltanto per il settore delle telecomunicazioni. Per esempio: un cliente aveva un problema con Telecom? Prima di far valere i propri diritti in un’aula di giu­stizia, doveva obbligatoriamente cercare di trovare una soluzione amichevole con la controparte, avvalendosi della mediazione di un organismo di conciliazione (in questo caso le Camere di commercio, i Comitati re­gionali per le comunicazioni o altri enti au­torizzati). Ora la stessa procedura, chiamata media-conciliazione, si estende anche ad altri settori. Quanto contribuirà questa novi­tà a disintasare il lavoro dei tribunali ordina­ri? Il ministero della Giustizia stima in circa un milione all’anno il numero di controver­sie che obbligatoriamente dovranno passare per la conciliazione.
Stimando in circa 500 euro la media delle spese che dovranno pagare le parti per ri­correre a questo tipo di mediazione, la nuova procedura muoverà complessivamente circa un miliardo di euro all’anno.
I settori interessati
Queste le materie (oltre alle telecomunica­zioni) per cui, in caso di liti, la legge prevede ora il ricorso obbligatorio alla conciliazio­ne. Per questi settori, dunque, come primo passo le parti devono cercare un accordo extragiudiziale:
- condominio;
- diritti reali (proprietà, usufrutto...);
- eredità, patti di famiglia;
- affitto;
- contratti assicurativi, bancari e finanziari;
- risarcimento danni per incidente d’auto;
- risarcimento danni da responsabilità del medico;
- risarcimento danni per diffamazione a mezzo stampa o attraverso un altro mezzo pubblicitario.
Possibilità di ricorso spontaneo
Chiariamo un punto: il fatto che la conci­liazione diventi obbligatoria per le materie appena elencate non impedisce, se le parti in lite sono d’accordo, di ricorrere a questo strumento anche per altre questioni.
Facciamo un esempio. Un cliente ha un problema con la tintoria che gli ha rovinato la giacca e che non intende rimborsare le spese o pagare i danni: le due parti possono comunque, se sono di comune accordo, af­fidare la risoluzione della controversia a un organismo di conciliazione. Ciò riduce i tem­pi e i costi della lite rispetto al tradizionale ricorso al giudice. In un caso come questo, un’alternativa valida sotto l’aspetto delle spese è anche quella di ricorrere al giudice di pace.
Tempi più brevi
Il procedimento di media-conciliazione entrato in vigore in questo mese, per legge, deve durare al massimo quattro mesi, un tempo infinitamente più breve rispetto alle durate bibliche dei normali processi.
Per quanto riguarda il rispetto dei tempi, i dati forniti dalle Camere di commercio, re­lativi alle conciliazioni effettuate nei primi sei mesi del 2010, sono confortanti: in media le controversie si sono concluse in meno di due mesi.
Il procedimento
Il primo passo della mediazione consiste nel fare domanda all’organismo di conciliazio­ne, che può essere scelto liberamente dalle parti in lite. Gli enti di mediazione possono essere pubblici o privati e devono essere iscritti in uno speciale registro tenuto dal ministero della Giustizia.
In attesa che il ministero pubblichi le liste ufficiali, potete comunque informarvi alle Camere di commercio o ai Consigli dell’or­dine forense presso i tribunali.
La decisione
Se attraverso la conciliazione le parti trovano un accordo, quest’ultimo diventa esecutivo, come se fosse stato sancito da un giudice vero e proprio. Nel caso, invece, di mancato accordo, il mediatore può fare una proposta di risoluzione della lite, che le parti possono accettare oppure respingere.
Se non si trova una soluzione condivisa, la controversia passa sui binari della giustizia ordinaria. Attenzione: se poi la sentenza pre­sa dal tribunale corrisponderà interamente alla proposta fatta dal mediatore, ma rifiu­tata da una delle parti, quest’ultima dovrà pagare tutte le spese processuali (anche se si tratta della parte che ha vinto la causa).
Quanto bisogna pagare?
Le tariffe dovute agli organismi di concilia­zione (in gergo tecnico “indennità”) sono approvate dal ministero della Giustizia. Co­loro che hanno un reddito annuo lordo non superiore a 10.628 euro godono del cosiddet­to gratuito patrocinio; in parole povere, non devono pagare nulla. Attenzione: a proposito del gratuito patrocinio, bisogna specificare che se la persona convive con il coniuge o con altri familiari, il reddito si intende come la somma di tutti i redditi familiari.
Una parte dell’indennità riguarda le spese di avvio del procedimento: entrambe le parti in causa, anticipatamente, devono versare la cifra fissa di 40 euro. A questa si aggiungono le spese di mediazione vere e proprie, che variano a seconda dell’importo oggetto del­la lite. Nella tabella qui sotto riportiamo le spese pro capite per la mediazione obbliga­toria effettuata con organismi pubblici (nel caso di ricorso spontaneo alla conciliazione le spese pro-capite devono essere aumentate di un terzo). Nel caso la questione si presenti come particolarmente complessa, le spese di mediazione possono essere aumentate fino a un quinto, principio che vale anche nel ca­so in cui sia il mediatore a fare la proposta di conciliazione (quando le parti non riescono a mettersi d’accordo).
Tenete presente che, se la questione si con­clude positivamente con un accordo tra le parti, il verbale che ne consegue è esente dall’imposta di registro se la controversia ha un valore fino a 50.000 euro.
Un’ultima agevolazione: in caso di successo del tentativo di mediazione, alle parti viene concesso un credito d’imposta (da recupe­rare nella dichiarazione dei redditi), fino a un massimo di 500 euro, per il pagamento dell’indennità versata.

Valore della controversia
Spesa per ciascuna delle parti in lite
Fino a 1.000 €
44 €
da 1.001 a 5.000 €
87 €
da 5.001 a 10.000 €
160 €
da 10.001 a 25.000 €
240 €
da 25.001 a 50.000 €
400 €
da 50.001 a 250.000 €
667 €
da 250.001 a 500.000 €
1.333 €
da 500.001 a 2.500.000 € 
2.533 €
da 2.500.001 a 5.000.000 €
3.467 €
oltre 5.000.000 €
6.133 €

Fonte: Altroconsumo

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