lunedì 15 dicembre 2025

Le fole a sorpresa della nonna Ricciolina ma non finisce qui...

Dall'archivio della mia nonna Anita 

LE FOLE A SORPRESA DELLA NONNA RICCIOLINA MA NON FINISCE QUI… 

C’era una volta, in una casa tra la Piazzetta e Capanna, dove abitava una famiglia: babbo, mamma, bambino, un cane, Trotta, un gatto, Foresto, ed un vecchio, il nonno. Il babbo lavorava tutto il giorno, al Fabbricone, la mamma era sempre in faccende, tra il pane, il bucato, le pulizie; il bambino, dopo la scuola, scorrazzava fuori come una capretta, e rientrava solo quando aveva fame o era troppo stanco, ed era ora di andare a letto.
E il vecchio se ne stava tutto il giorno solo, in silenzio, perché non aveva nessuno con cui parlare e non aveva più niente da dire. Dopo la brutta paralisi che lo aveva lasciato - sì, vivo, ma quasi senza vita - se ne stava tutto il giorno seduto su una sedia, nel canto del fuoco, ed accarezzava lentamente un nodoso bastone di castagno che il figlio gli aveva portato dalla selva, quando le gambe non lo reggevano più ed aveva bisogno di un appoggio per andare dalla sedia al tavolo o al letto; e con il bastone attizzava il fuoco, accarezzava delicatamente la groppa del cane o giocava con il gatto quando gli passavano vicini.
Era dimagrito ed i vestiti gli pendevano addosso come da un vecchio attaccapanni; la testa e le mani scosse da un tremore continuo, la faccia grigiastra e solcata da rughe profonde, i radi capelli bianchi scomposti come agitati da un vento invisibile.
La parola lenta e strascicata, quasi durasse fatica a tirar fuori il fiato e non ricordasse nemmeno le parole.
La nuora mal sopportava quel rottame umano, sempre lì, inerte e inutile, e se ne lamentava spesso col marito e con le amiche.
A tavola, poi… Il vecchio stentava a trovar la bocca col cucchiaio e la forchetta, ed il cibo ricadeva nel piatto e sulla tovaglia; e dalla paura di far intervenire coi gesti o con le parole, la nuora e il figlio, le mani gli tremavano ancora di più, e la pasta gli ciondolava in lunghi fili dal mento, e il sugo macchiava il colletto ed i vestiti.
- Io non lo sopporto più - diceva la giovane sposa - mi fa schifo, non vedi come si comporta? Bella scuola, per nostro figlio!
Ed il marito assentiva, per amor di pace, e per non aprire discussioni senza fine. E in fondo, anche lui conveniva che quello che diceva la moglie era vero.
- Io, a tavola, non ce lo voglio più! Se ne starà nel cantone, così non lo avrò sotto gli occhi ogni momento! -
Il marito chinava la testa, ed il vecchio fu relegato nel suo cantuccio, fuori dalla portata visiva di chi voleva mangiare in pace.
E così, se ne stava là, tutto il giorno, alzava lo sguardo acquoso verso la finestra, e di là dal vetro vedeva passare le nevi, le rondini, la pioggia e il sole, la luce e le ombre della sera.
Gli veniva portato un piatto con il pranzo o la cena, e lui se lo appoggiava alle ginocchia tremanti, ed andava alla ricerca della bocca, con movimenti incerti e disperati.
Ma un giorno… oh, un giorno la scodella scivolò dal punto di appoggio, cadde in terra, rovesciando il contenuto, e si ruppe.
Accorsero Foresto e Trotta, certi di un supplemento di razione, ma non solo loro: anche il bimbo si alzò da tavola e si avvicinò ai cocci bianchi, macchiati di brodo color caffelatte.
- Ecco, lo hai visto? Nemmeno il piatto sa reggere più, l’ha rotto! E da ora in poi mangerà dentro una scodella di legno. Laverò bene quella di Trotta, almeno siamo sicuri che quella non la romperà.
La donna strillava ed il marito faceva ampi cenni di assenso col capo, mentre guardava con aria corrucciata il vecchio.
Questi si era irrigidito, in un grande sforzo, quasi una statua: ma una statua dalla faccia disperata ed umiliata; e due lacrime sottili, solitarie, rigavano le guance pallide ed incavate, e indugiavano tra le rughe incerte se cadere o rimanere lì.
Ed ecco il bambino che si china, raccoglie i cocci, li pulisce un po’ con le mani…
Ma uno strillo della madre e un imperioso - Fermo! - del padre, un fermo che arrivò come una frustata, gli bloccò il movimento a mezz'aria.
- Si può sapere che cosa fai, con quel sudiciume? Esci subito di lì - tuonò ancora la voce paterna. Ma il bambino, dopo un breve momento di esitazione:
- Metto da parte i cocci… li incollo, e così preparo la scodella per te, quando sarai vecchio. - e riprese a pulire il piatto.
Quelle parole furono, per i genitori, come una scarica elettrica che dal cuore arrivò al cervello, ed accese, improvvisa, una forte luce.
E da allora…
La fola non finisce qui.




Gallicano, 13 gennaio 1992

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