venerdì 19 gennaio 2018

E la minestrella salì sul carro

- Maestra Duse, ci dà una mano? 
- Abbiamo bisogno di lei, delle sue idee e del suo pennello. 


Quelle erano le voci del Prof. Rolando Saisi e del suo seguito: Adriano Bertoli, Lucio Ferrari, Pietrino della Flora e via, via, voci di tutti quelli che credevano nella maestra che amava Gallicano e la sua gente.
E la risposta ci fu: la Duse pensò progettò, pitturò lassù nell’altana della Giulia Carnicelli dove nelle notti “bianche” dal sapore di Palio, arrivava l’odore (spesso soltanto quello) delle profumate pizze delle donne mogli e madri.
E’ in questo clima che nacque, crebbe e brillò quel luminoso carro che si chiamò “Minestrella”; al seguito ”focacce leve” e “I cicciori”.
Fu vinto nel 1974 dal Rione Monticello il Miglior Complesso Folkloristico. La vittoria fu seguita da commenti pungenti. “Si, Palio degli scappini, che sono piaciuti a ...” (Nella sfilata, i figuranti avevano calzato gli scappini, calzatura tipica gallicanese).
Il lavoro dei contendenti si faceva sentire, ma era parte essenziale della gara che rendeva Gallicano un alveare, dove il ronzio a più colori, era sempre quello: “Quest’anno si vince noi!


Ogni paese di un territorio ha la sua storia, cultura, dialetto e tradizioni, soprattutto culinarie. Anche Gallicano è uno di questi paesi, ma per quanto riguarda la tradizione culinaria, Gallicano paese ha una sua ricetta particolare non riscontrabile in altri paesi anche al di fuori della nostra Provincia di Lucca: la minestrella. 
Questa ricetta storica ultracentenaria, che si perde nella notte dei tempi, è una minestra che può essere fatta con tantissime erbe di campo oltre trenta varietà, in gergo locale “erbi boni”. Come nasce un piatto storico con prodotti esclusivamente del territorio? Questo è un piatto con ingredienti semplici messi a disposizione da madre natura senza doverli coltivare e che l’ingegno e la conoscenza dei contadini di una volta, sapevano distinguere molto bene. 
Tutti erbi, che oggi definiamo come fitoalimurgia, nel tempo chiamati ovviamente con nomi dialettali. Questa conoscenza, tramandata oralmente da secoli di generazione in generazione, fino agli anni sessanta del secolo scorso, oggi purtroppo sta scomparendo, causa l’evoluzione industriale e tecnologica mondiale. Gallicano, nei tempi passati, era un paese di contadini e non avendo grandi poderi da coltivare, gli uomini andavano a fare anche lavori stagionali in Corsica e altre zone, pertanto le donne dovevano farsi carico, oltre che lavorare nei campi, sfamare le loro famiglie nei momenti più difficili. 
Da considerare che Gallicano, a diversità dei paesi garfagnini, era in fondovalle lungo il fiume Serchio, con poche selve di castagno e lontane, sul monte Palodina, rispetto gli altri paesi che erano contornati da castagni e avevano a disposizione più farina di neccio per nutrirsi giornalmente. 
Allora, le donne del paese, avendo questa conoscenza fitoalimurgica, rimediavano, raccogliendo nei loro campi diversi tipi di erbi e li cucinavano in vari modi. Il piatto base era composto da queste varietà di erbi lessati in acqua con fagioli giallorini e l’aggiunta, quando c’era, di un pezzetto di lardo, osso di maiale o cotenne come condimento, che trovavano in base alla stagionalità. 
Per quanto riguarda la minestrella di Gallicano, non esiste una vera e propria ricetta, in quanto gli erbi non erano mai gli stessi da una famiglia all’altra, oltre poi alla stagione di raccolta. 
In base alla possibilità di scelta di erbi amari o dolci a disposizione del momento, questa ovviamente poteva essere più o meno saporita, ma in quei tempi di miseria ovviamente non avevano tempo per queste sofisticazioni.

Riporto qui sotto la ricetta base della minestrella.


Principali erbi usati: 
Scabiosa columbaria “sporta vecchia”, Bellis perennis “margheritine”, Crepis leodontoides “tassella”, Crepis sancta “cassellora”, Crepis vesicaria “radicchiella”, Cichorium intibus “radicchio selvatico”, Cirsium arvense “stoppione”, Daucus carota “pastineggio”, Foeniculum vulgaris “finocchio selvatico”, Hypochoeris radicata “ingrassaporci”, Papaver rhoaes “rosolaccio”, Plantago lanceolata “orecchie d’asino”, Plantago major “lingua di vacca”, Ranunculus ficaria “favagello”, Reichardia picroides “sassaiolo”, Silene alba “orecchiette”, Silene vulgaris “strigolo”, Soncus asper “cicerbita”, Symphytum tuberosum “salosso”, Taraxacum officinale “piscialletto”, Campanula trachelium “pizza corni”, Lapsana communis “lassana”, Primula vulgaris “primola”, Raphanus raphanistrum “cavolo selvatico”, Rumex acetosa “zezzora”, Salvia pratensis “salvia”, Sanguisorba minor “pimpinella”, Urtica dioica “ortica”, Viola odorata “viola”. 

Ricetta per 4 persone: 
2 kg. Erbi freschi, 100 gr. Lardo, 500 gr. fagioli giallorini, aglio, cipolla, sale pepe. 
Pulire gli erbi, affogarli nell’acqua con un poco di bicarbonato per circa mezz’ora, successivamente lavarli bene e per quelli più amari lasciarli ancora circa due ore nell’acqua per togliere l’amaro. 
Lessare gli erbi, una volta lessati strizzarli dall’acqua e tagliuzzarli finemente. 
A parte fare un soffritto con aglio, cipolla, lardo tritato con uno spicchio di aglio, rosmarino, a chi piace anche del peperoncino piccante. 
Una volta imbiondito, aggiungere gli erbi, una parte dei fagioli lessati e passati a purea e una parte lasciati interi. 
Allungare tutto con acqua, una parte di quella della bollitura dei fagioli, regolare con sale e pepe. Lasciare cuocere a fuoco lentissimo per circa due ore. 
La minestrella ha una consistenza densa, ma non troppo, per dargli ancora più sapore è consigliabile prepararla qualche ora prima e farla riposare, in tal caso la sua consistenza aumenterà ed eventualmente potrà essere nuovamente allungata con acqua, magari sempre della cottura dei fagioli, per riportarla a consistenza voluta. 
Ottimo abbinamento a questo piatto, sono come da tradizione, i “mignecci”, focaccine di farina di granturco o con aggiunta farina di grano, senza lievito e cotte nei testi.

Ivo Poli

"L'Aringo - Il Giornale di Gallicano" - anno 1 numero 2 luglio 2015

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