martedì 6 dicembre 2016

La Garfagnana EPIC - di Roberto Ragghianti

Roberto Ragghianti racconta la sua Garfagnana EPIC... da leggere tutta d'un fiato!



Garfagnana Epic 2016 – UNA PICCOLA GRANDE IMPRESA
Le nubi nerissime non promettevano nulla di buono ma già dalla sera precedente, durante il briefing e cena agli impianti sportivi, l’allegra sintonia che si era creata tra tutti i partecipanti e lo staff della Epic 2016, rendevano il clima piacevole e l’aria frizzante. Frizzante di adrenalina e positività.
Tutti eravamo consapevoli di quello che ci attendeva, tutti ci eravamo più o meno preparati per affrontare al meglio questa epica avventura. C’erano state le foto della prima edizione, i commenti di chi aveva già partecipato i consigli dei più esperti.
Ma nulla, di tutta l’aspettativa che uno poteva avere riguardo all’edizione 2016, è stato in confronto a quello che invece è capitato in questi due fantastici giorni passati nel cuore della Garfagnana.
Eravamo tantissimi sotto il gonfiabile in attesa del via. Il cielo reggeva ma era chiaro che non avrebbe resistito a lungo. Fatta la foto di gruppo dall’alto di una gru, il popolo nero/verde della Epic iniziava ufficialmente l’edizione 2016.
Equipaggiati di tutto punto avevamo già protetto lo zaino con il telo anti-acqua, le borracce piene di vitamine e sali minerali, il morale alle stelle. Appena passato il paese di Gallicano la pioggia ha iniziato la sua melodia che ci ha accompagnato quasi per tutto il giorno sferzando di note a tratti temporalesche la magnifica carovana multicolore che si srotolava lentamente lungo i sentieri garfagnini.
Ma le forze c’erano tutte, il gruppo era pieno di energia e le prime salite verso Palleroso, nonostante il fango, le abbiamo divorate senza indugio.
I fotografi stoici ci aspettavano nei luoghi più suggestivi per immortalare il nostro sorriso, le nostre braccia alzate a mo’ di vittoria, i nostri saluti verso non si sa chi.
Nebbia e pioggia.
I paesaggi erano oscurati dalle nubi, i nostri occhi concentrati a cercare la via più facile dove mettere la ruota, salite su salite non facevano sconti a nessuno ma la fatica rende forti e lo spirito di gruppo teneva alto il morale.
Fango e fatica.
Non mollava la pioggia, non mollava la salita e tra un paese incastonato fra le antiche rughe delle Apuane e un particolare ponte in pietra da oltrepassare, i km scorrevano lenti ma inesorabili e tutta la fatica che iniziava ad arrivare alle gambe era smorzata dall’avida fame di bere sentieri e antiche piazze, alberi secolari e bellissimi campanili, arcate ferroviarie di altezze siderali.
Fango e fatica.
Inesorabile si attaccava alle nostre bici, ai pignoni, alla faccia…la pioggia lo lavava via a tratti ma i sentieri riflettevano pozzanghere e la fatica si intravedeva nei muscoli tirati delle gambe, nel continuo cambiare posizione sul sellino…che iniziava a far male.
Sosta.
Campocatino significava ristoro, l’essere a metà della prima giornata, fare un primo rendez-vous sulle proprio condizioni psico-fisiche.
La pioggia e il fango avevano piano piano iniziato a limare tutto il morale altissimo di qualche ora prima. Molti concorrenti erano già stremati e consapevoli di essere appunto solo a metà della prima giornata.
Eppure pareva già un’impresa essere arrivati fino a li.
Qualcuno inizia seriamente a pensare al ritiro.
Io guardo i miei compagni di viaggio, il pensiero di mollare non ci sfiora assolutamente e dopo esserci rifocillati e goduti un po’ della bellezza del posto (nonostante il brutto tempo Campocatino rimane un luogo da sogno) rimontiamo in sella con lo spirito guerriero negli occhi. La Direzione Corsa ci invita ad evitare il sentiero nel bosco, “troppo pericoloso con il fango” ci dicono e quindi da Campocatino si scenderà fino a valle dalla strada asfaltata.
Discesa e salita.
La discesa su asfalto dopo la sosta ci mette un po’ in crisi, è freddo e ci freddiamo le gambe e quando ricominciamo a pedalare ci rendiamo conto che la salita da affrontare è ancora tantissima e un lieve timore ci rabbrividisce il morale. Ma vedere il panorama del Lago di Gramolazzo dall’alto, mentre svettiamo tra un campanile e una piazzetta in pietra di un paese che non so, fa dimenticare subito la fatica e la salita…riprendiamo il ritmo con un cielo plumbeo che al momento non piange ma che non ha ancora intenzione di sorriderci e ci avviamo positivi verso l’Argegna.
Fango e salita.
Non molla il fango, non ci lascia, pedalare nei sentieri fra l’erba è uno sforzo duplice. Ma come dice il detto “si barcolla ma non si molla” e stringendo i denti e divorando i mitici “ciuccini” ci inerpichiamo sempre più in alto.
Ad un certo punto dobbiamo fermarci ad una fontana per ripulire dal fango le bici…catene e pignoni non si vedono nemmeno più e potremmo essere a rischio di rompere il cambio.
Fango e salita.
Inesorabile, fredda, difficile. La salita al rifugio Monte Tondo (1600mt slm) è un vero e proprio calvario. I muscoli cedono, i crampi affiorano, la stanchezza riga i volti e scuce espressioni impossibili. Tanti concorrenti sono sdraiati ai lati del sentiero e si fanno massaggiare le gambe dai compagni. Altri hanno subito danni al cambio, altri sono davvero stremati. La nebbia sale e le ore passano, il freddo inizia a pungere e il rifugio è ancora lontano. La Jeep dell’organizzazione comincia a caricare i primi concorrenti che decidono di mollare. Noi no!!!
E’ dura.
Ogni tornante speri sia l’ultimo e invece nella nebbia compare un ennesima rampa e dietro…ancora un’altra.
I crampi erano arrivati come spade sottili a trafiggere la nebbia e le cosce inzuppate d’acqua, il buio sottile iniziava a farsi largo sulle lame di luce della sera.
Siamo alla EPIC, questa è la EPIC, questo è quello che volevamo affrontare. E qui nasce lo spirito di squadra…chi sta meglio aiuta l’altro, moralmente, ci facciamo forza a vicenda consapevoli di voler arrivare in fondo. I ragazzi dell’organizzazione, ogni presenti, sono pronti ad aiutare e dare un consiglio, hanno sempre la battuta pronta per fare morale, per scaldare i muscoli e il cuore.
E il cuore ce lo mettiamo tutto quando finalmente compare la sagoma inconfondibile di Tondo, il simpaticissimo cane del Rifugio. Le ultime pedalate sono sofferte ma con il sorriso a denti stretti per essere comunque arrivati al secondo e ultimo ristoro.
Al rifugio la lista dei ritirati si allunga come le ombre della notte sul tramonto che dalla vetta domina il mare.
Calore e vigore.
Il calduccio del rifugio e le stratosferiche crostate di Angela sono un toccasana e in un attimo il morale torna a salire come le energie nei nostri muscoli e nelle nostre menti.
Il traguardo è ancora lontano e c’è ancora da affrontare un po’ di salita, il mitico “salto del Gatto” e poi le vertiginose discese nei boschi secolari sopra Sillano. Il tempo stringe e quindi c’è da decidere: e noi si parte!!!
Coraggio e determinazione.
La fatica è enorme, la stanchezza pure, siamo a 8 ore di bicicletta e come minimo ne mancano ancora 2. Affrontiamo concentrati e determinati questo ultimo tratto di questo splendido incontenibile durissimo e tragico primo giorno di questa avventura straordinaria che si chiama Epic.
E così, dopo 10 ore e 20 minuti in sella alle nostre MTB vediamo spuntare all’orizzonte le luci del piccolo villaggio dove passeremo la notte.
Il contachilometri segna 85 km percorsi, 3142 mt di dislivello e 4310 calorie consumate!!!
Meritatissima doccia, preparazione della branda e poi a cena nell’ottimo ristorante che ci ospita dove il clima è allegro e di festa.
Tutti hanno qualcosa da raccontare di questa Epica giornata, tutti hanno i volti segnati dalla stanchezza, tutti hanno negli occhi la gioia di stare insieme e la consapevolezza di aver comunque fatto una piccola grande impresa.
Ma domani è lì, a pochi passi dalla notte e quindi non c’è molto tempo da perdere e quel tempo serve per recuperare energie mentali e fisiche.
Ancora pioggia.
Quando le prime luci dell’alba innaffiano la stanza, rimaniamo subito basiti dal rumore che si sente fuori…piove ancora!!!
L’idea di affrontare un’altra giornata sotto la pioggia è devastante e intanto la direzione gara ci informa che per problemi di impraticabilità, saremo costretti ad una piccola variante sul percorso.
Altri concorrenti, con l’avvento di queste notizie, decidono di dare forfait e non partire nemmeno.
Fatta un’abbondante colazione e preparato i bagagli (che poi l’organizzazione ci riporterà alla partenza) scrutando il cielo iniziamo ad essere un pochino più ottimisti. Ha intanto smesso di piovere e sembra che il tempo possa cambiare.
E così, finito l’appello, la comitiva si rimette in moto e il gruppo (che si è molto assottigliato) parte per il secondo giorno della Epic 2016.
Stare in sella, stamani è veramente un’impresa “Epica”, ma il cielo che a tratti comincia ad essere azzurro, incornicia poche nuvole e tantissimo entusiasmo nel gruppo che inizia ad arrampicarsi verso le creste degli appennini.
Salita e discesa.
E la salita è dura, lunghissima, estenuante, ma i colori che regala il sole attraverso gli alberi, il fresco gorgoglio di piccole cascate che incontriamo lungo il percorso e il tenero frastuono del silenzio nelle selve abbottonate di foglie sono un condimento che rende piacevole il lento dondolare delle nostre bici sulle salite inginocchiate sul dorso delle montagne.
A tratti dobbiamo salire a piedi, con le bici in collo, con il sentiero strettissimo che si arrampica feroce verso il mitico “passo della focerella”. I fotografi ci aspettano e immortalano fatica e sogni, il panorama che ci offre la cresta è illibato di nuvole e denso di pace. E’ bellissimo quassù, un enorme pentolone di colori che ribolle di profumi e ricordi, che ripaga ogni goccia di sudore versata per arrivare fino a qui.
E la discesa è un soffio velocissimo nell’ovatta verde di erba che sembra non finire mai, il sentiero è piccolissimo e insidioso ma è proprio quello che piace a noi bikers. Il percorso è segnato perfettamente, impossibile perdersi, grazie alla bravura e alla meticolosità degli organizzatori.
L’arrivo al rifugio della Bargetana è come entrare di colpo in una scena di un cartone animato della Disney. Il ponticello in legno, il piccolo torrente, il Prado sopra che ispira e protegge, l’erba verdissima e poco sopra il piccolo lago. Manca che arrivi Heidy con la capretta che ti dice “ciao” e saremmo proprio tutti.
Qua e là, lenzuola di neve resistono ancora nelle gole in ombra e riflettono bianchissime, il fresco sapore della montagna.
E’ d’obbligo fermarsi a fare delle foto, mangiare un panino in mezzo a questo contenitore di bellezza. E respirare vita.
Pare di pedalare immersi in un quadro di Monet.
E ancora salita.
Inesorabile, dopo ogni splendida discesa. Ma oggi non c’è la pioggia e non c’è il fango e tutto fila via molto più liscio.
Il morale quindi è veramente alle stelle, anche se la fatica del secondo giorno inizia a dipanare la sua tela che ovviamente affligge i muscoli e lo spirito.
E ancora salita.
Implacabile non finisce mai, ogni piccolo tornante pare portarti in paradiso, ma come si sa, il “paradiso può attendere” e quindi ogni volta appare sempre più lontano e non rimane che concentrarsi e pedalare, concentrarsi e pedalare.
L’arrampicata sul Giovarello lascia senza fiato, ma quando arrivi in cresta tutto ciò che può regalare la vista umana ti è concesso. Da qui puoi sprigionare i tuoi sensi e lasciarti imbavagliare dal vento, puoi svuotare i polmoni in un grido di speranza che si chiama libertà.
E se non riesci proprio a trattenerti, puoi tranquillamente piangere in pace.
Mille brividi accompagnano l’incessante pedalare ad alta quota, gli occhi bevono immagini da sogno e il cuore è un tumulto di emozioni.
E’ tutto troppo fantasticamente e faticosamente bello!!!
E le ore passano, i km più lentamente, ma passano anche quelli e la stanchezza si fa sentire, ma l’adrenalina della consapevolezza di essere comunque a buon punto, inizia a dare dei risultati inattesi.
Mi accorgo che più passa il tempo e più (incredibilmente) sto meglio.
In questo giorno e mezzo ho misurato le forze, la consapevolezza dell’impresa mi faceva stare attento ad ogni sforzo, ho cercato di non farmi prendere dall’euforia del gruppo nei momenti iniziali e ho sempre tenuto il ritmo della tabella che mi ero prefissato.
E ora tutto l’allenamento svolto in inverno, tutte le serate passate sui rulli o a pedalare nella pioggia in primavera, stanno dando i suoi frutti.
L’ultima parte di questo meraviglioso tracciato è in crescendo, i miei due compagni di viaggio e angeli custodi che mi hanno sopportato e supportato in questa splendida avventura rimangono stupiti nel vedere che inizio ad aumentare l’andatura. E così dopo le meravigliose discese verso il passo delle Radici e poi le fantastiche vedute dalle Lame di Capraia fino ad arrivare all’incredibile discesa di Sillico, diventano un impetuoso procedere verso Barga prima e Gallicano poi, dove dopo 8 ore e 20 minuti in sella alle nostre MTB, tagliamo fieri ed orgogliosi il traguardo dell’edizione numero due della Epic.
Ad attenderci, il sorriso dei nostri cari nell’emozione di un abbraccio lungo e intenso insieme alla certezza di aver vissuto un’esperienza davvero unica e la consapevolezza di aver portato a termine una piccola grande impresa…davvero EPICA!!!
Vorrei ringraziare tutto lo staff della Garfagnana Epic, per questa meravigliosa idea che siete riusciti a realizzare. Tutto è stato semplicemente perfetto, e se la nostra Garfagnana è di per se un paradiso assoluto per gli amanti della MTB, per bellezza dei paesaggi, difficoltà dei percorsi, particolarità dei paesini montani, il tocco in più lo avete dato proprio voi, con la vostra professionalità, il vostro entusiasmo e l’amicizia vera che ci avete trasmesso fin da subito.
Ad maiora, cari ragazzi!!!
Roberto Ragghianti
Fonte: Garfagnana EPIC

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